Analisi Confcommercio in collaborazione con il Centro Europa Ricerche: negli ultimi venti anni aumento del 500% del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale. Rilevanti le differenze sul terrirorio: per le imprese, in Campania aliquota Irap quasi doppia rispetto a Bolzano
Roma, 15/07/2013 - Negli ultimi 20 anni la spesa corrente delle amministrazioni centrali (Stato e altri enti) è cresciuta del 53%, mentre la spesa di Regioni, Province e Comuni è
salita del 126% e quella degli enti previdenziali del 127%: il risultato è che la spesa pubblica complessiva è raddoppiata. E' quanto emerge da un'analisi di Confcommercio realizzata in collaborazione con il CER - Centro Europa Ricerche.
Per fronteggiare questa dinamica, emerge dallo studio, si è assistito ad una esplosione del gettito derivante dalle imposte (dirette e indirette) a livello locale con un aumento del 500% a cui si è associato il sostanziale raddoppio a livello centrale. Nell'ultimo decennio, inoltre, è quasi triplicata l'incidenza delle addizionali regionali e comunali sull'Irpef, mentre è rilevante la differenziazione delle singole Regioni in base all'incidenza dalla tassazione locale: l'aliquota Irap per un'impresa della Campania è quasi il doppio di quella che deve pagare un'impresa di Bolzano. Uno degli obiettivi principali del federalismo fiscale, cioè quello di mantenere inalterata la pressione fiscale a carico dei contribuenti, è stato insomma del tutto disatteso rendendo sempre più necessario un maggiore coordinamento fra le politiche tributarie attuate ai diversi livelli di govern
Il federalismo si
ispira ad un principio di responsabilizzazione delle amministrazioni locali ed
è una scelta istituzionale efficiente se riesce a favorire una migliore
gestione delle politiche pubbliche, determinando una riduzione dei loro costi. Nelle
intenzioni del legislatore, il federalismo avrebbe dovuto portare a un aumento
dell’autonomia impositiva degli enti locali, facendo esplicitamente salvo il
principio dell’invarianza della pressione fiscale complessiva a carico del
contribuente. Nella sua fase attuativa, il federalismo si è però vistosamente
allontanato da questo principio ispiratore. Non si trovano infatti, almeno fino
a questo momento, tracce di compensazione fra i livelli locali e centrali,
prevalendo invece una tendenza alla duplicazione di spese ed entrate. Per
quanto riguarda le spese, tra il 1992, quando sono stati avviati i primi
decreti sul decentramento amministrativo, e il 2012, le uscite primarie
correnti delle amministrazioni locali sono salite da 90,5 a 205 miliardi (tabella
1), con una variazione cumulata del 126%. Nello stesso periodo la spesa delle
amministrazioni centrali è passata da 225 a 343,5 miliardi, con un incremento del
53%. Nel complesso la spesa corrente delle
Amministrazioni Pubbliche, inclusiva anche delle spese sostenute dagli enti di
previdenza, è passata da 413 miliardi a 753 con un aumento dell’82,5%
nonostante l’apporto negativo fornito dalla spesa per interessi (-12% pari a
circa 12 miliardi).
Tabella
1
Andamento
della spesa corrente (Milioni di euro)
|
1992
|
2001
|
2007
|
2012
|
Var % 2012-1992
|
AMM. CENTRALI
|
224.966
|
240.569
|
309.515
|
343.506
|
52,7
|
AMM. LOCALI
|
90.486
|
144.786
|
190.034
|
204.942
|
126,5
|
ENTI DI PREVIDENZA
|
139.978
|
205.412
|
270.567
|
317.764
|
127,0
|
INTERESSI
|
98.534
|
78.386
|
77.452
|
86.717
|
-12,0
|
TRASFERIMENTI A ENTI PUBBLICI (-)
|
141.313
|
120.773
|
161.725
|
199.674
|
41,3
|
TOTALE SPESA CORRENTE
|
412.651
|
548.380
|
685.843
|
753.255
|
82,5
|
Fonte: elaborazioni Confcommercio-CER su dati Istat.
Il processo di
decentramento non sembra aver quindi portato a risparmi di spesa, ossia ad un
efficientamento della macchina amministrativa.
A fronte
dell’aumento della spesa sostenuta a livello locale i trasferimenti provenienti
dalle amministrazioni centrali sono aumentati in misura molto contenuta
passando da 72 a
86 miliardi di euro, +20% in 20 anni (tabella 2).
Tabella
2
Entrate
da trasferimenti da Enti pubblici (Milioni di euro)
|
1992
|
2001
|
2007
|
2012
|
Var %
2012-1992
|
AMM. LOCALI
|
72.078
|
62.727
|
78.584
|
86.276
|
19,7
|
ENTI DI PREVIDENZA
|
39.205
|
55.730
|
77.214
|
105.690
|
169,6
|
In considerazione
dei descritti andamenti della spesa, non sorprende che le imposte a livello
centrale siano aumentate del 95% (da 186 a 362 miliardi) mente quelle riconducibili
alle amministrazioni locali siano cresciute da 18 a 108 miliardi, con un
eccezionale incremento di oltre il 500% (grafico 1).
Nel complesso,
l’analisi mostra come l’auspicata riduzione della pressione fiscale non possa
prescindere da una diversa attuazione del federalismo, che interrompa la
duplicazione di funzioni e impedisca la sovrapposizione fra tassazione locale e
centrale.
Oltre
che per il loro impatto quantitativo, le imposte locali si segnalano per il
forte aumento del grado di frammentazione apportato al sistema fiscale. Il
territorio italiano è ormai fortemente segmentato a causa del diverso peso
assunto dai tributi prelevati dagli enti decentrati.
La
differenza di pressione fiscale fra il territorio dove minore è l’incidenza delle
aliquote locali (provincia di Bolzano) e quelli dove è maggiore (Campania e
Molise) è molto rilevante. Così come consistente è la differenziazione delle
singole regioni in base al rilievo assunto dalla tassazione locale per imprese
e famiglie (tabb. 3-4).
Tabella
3
Aliquote locali sulle imprese
|
IRAP Regionale
|
IMU Imprese
|
Totale
|
Molise
|
4,97
|
1,06
|
6,03
|
Campania
|
4,97
|
1,06
|
6,03
|
Calabria
|
4,97
|
0,96
|
5,93
|
Sicilia
|
4,82
|
1,06
|
5,88
|
Marche
|
4,73
|
1,06
|
5,79
|
Lazio
|
4,82
|
0,76
|
5,58
|
Puglia
|
4,82
|
0,76
|
5,58
|
Abruzzo
|
4,60
|
0,76
|
5,36
|
Piemonte
|
3,90
|
1,06
|
4,96
|
Umbria
|
3,90
|
1,06
|
4,96
|
Toscana
|
3,90
|
1,04
|
4,94
|
Liguria
|
3,90
|
0,96-1,01
|
4,86-4,91
|
Veneto
|
3,90
|
0,76-1,06
|
4,66-4,96
|
Emilia Romagna
|
3,90
|
0,76-0,94
|
4,66-4,84
|
Sardegna
|
3,90
|
0,96
|
4,86
|
Lombardia
|
3,90
|
0,87
|
4,77
|
F. V. Giulia
|
3,90
|
0,85
|
4,75
|
Basilicata
|
3,90
|
0,76
|
4,66
|
Trento
|
3,44
|
0,78
|
4,22
|
Valle d'Aosta
|
2,98
|
0,76
|
3,74
|
Bolzano
|
2,98
|
0,76
|
3,74
|
Fonte:
Confcommercio-CER
Tabella
4
Addizionali
IRPEF locali
|
Addizionale IRPEF Regionale
|
Addizionale IRPEF Comunale
|
Addizionale IRPEF
|
Molise
|
2,03
|
0,80
|
2,83
|
Campania
|
2,03
|
0,80
|
2,83
|
Calabria
|
2,03
|
0,80
|
2,83
|
Lazio
|
1,73
|
0,90
|
2,63
|
Sicilia
|
1,73
|
0,80
|
2,53
|
Piemonte
|
1,61
|
0,80
|
2,41
|
Puglia
|
1,55
|
0,80
|
2,35
|
Emilia Romagna
|
1,63
|
0,70
|
2,33
|
Abruzzo
|
1,73
|
0,60
|
2,33
|
Liguria
|
1,44
|
0,80
|
2,24
|
Marche
|
1,37
|
0,80
|
2,17
|
Lombardia
|
1,43
|
0,70
|
2,13
|
Umbria
|
1,39
|
0,70
|
2,09
|
Basilicata
|
1,23
|
0,80
|
2,03
|
Sardegna
|
1,23
|
0,80
|
2,03
|
F. V. Giulia
|
1,21
|
0,80
|
2,01
|
Veneto
|
1,23
|
0,70
|
1,93
|
Valle d'Aosta
|
1,23
|
0,30
|
1,53
|
Toscana
|
1,30
|
0,20
|
1,50
|
Trento
|
1,23
|
0,00
|
1,23
|
Bolzano
|
0,90
|
0,20
|
1,10
|
Fonte: Confcommercio-CER
Si
è dunque in presenza di differenze che creano un’iniqua distribuzione della
tassazione sulle famiglie e che rendono molto complesse le scelte localizzative
delle imprese, un ulteriore fattore di complicazione che il sistema fiscale
italiano pone sulle spalle del mondo della produzione e del consumo.
Rapportando
il gettito effettivo derivante dall’Irap e dalle addizionali locali sull’Irpef
(senza considerare quindi l’Imu) al valore aggiunto regionale, il grafico 4
evidenzia che Campania e Lazio hanno una pressione fiscale locale circa doppia
rispetto a Trentino e Val d’Aosta (grafico 3).
A
questo proposito la Corte dei Conti nel “Rapporto sul coordinamento della
finanza pubblica” del maggio scorso evidenziava come “[...] si tratta di un
divario che, a fronte di un medesimo livello di reddito, comporta a carico del
singolo contribuente una forte differenza di prelievo complessivo (Irpef+addizionali),
soprattutto in corrispondenza dei più bassi livelli di imponibile. E’ quanto
emerge confrontando due realtà territoriali che si collocano agli antipodi
quanto ad incidenza delle addizionali Irpef: Catanzaro con il 2,83% e Bolzano
con l’1,10%. A parità di reddito, lo stesso contribuente è assoggettato ad un
maggior prelievo (Irpef+addizionali) che si commisura al 29,6%, 12,5% e 5% a
fronte di un imponibile pari, rispettivamente a 0,7, 1 e 3 volte il reddito
medio da lavoro dipendente (circa 30 mila euro lordi)”.
L’eterogeneità
nel livello di tassazione complessiva dei contribuenti residenti in diverse
regioni e comuni è, in linea teorica, un portato naturale e, sovente
auspicabile, del decentramento istituzionale, amministrativo e quindi fiscale.
Sempre che vi sia una strategia dietro queste differenze, che prenda spunto
dalle diverse preferenze dei cittadini residenti in regioni differenti. Se una
collettività regionale desidera maggiori servizi pubblici, presenterà spese e
imposte più elevate. Una collettività che desideri invece un ridotto intervento
dell’operatore pubblico presenterà minori spese aggregate e un minore carico
tributario.
Nel caso italiano, l’incompiuta transizione verso
un federalismo equo ed efficiente, impedisce di attribuire le differenze nella
finanza pubblica locale a differenze nelle preferenze collettive. Spese e
imposizione fiscale su base regionale e locale appaiono invece il frutto di
scelte casuali e disorganiche, al massimo dettate dal tentativo di recuperare
gettito al fine di migliorare i saldi di finanza pubblica.
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